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La chiave di casa

monologo di
Paolo Cappelloni

codice SIAE: 952890A

Sinossi
Un uomo sta per rientrare a casa, si ferma davanti alla porta d’ingresso, appoggia in terra la borsa da lavoro e fruga nelle tasche della giacca e dei pantaloni per trovare la chiave, che non trova. Questa situazione lo porta a riflettere, davanti a quella porta chiusa, su se stesso e sul rapporto con la sua famiglia. La soluzione è degna della sua solita condotta.


Rappresentata da
Compagnia Am Palcoscenico - Fontechiari (Frosinone)

La chiave di casa

 

monologo di

Paolo Cappelloni

 

 

Un uomo sta per rientrare a casa, si ferma davanti alla porta d’ingresso, appoggia in terra la borsa da lavoro e fruga nelle tasche della giacca e dei pantaloni per trovare la chiave, che non trova.

 

L’uomo -         Dove l’ho messa? Non è possibile... non posso averla persa! Se mi fosse caduta l’avrei sentita, con quel portachiavi che ha!... Che l’abbia messa in borsa? (Prende la borsa e vi fruga dentro) No, non c’è! Ma porca miseria, come faccio? Mia moglie è a Milano, mia figlia all’università quindi figuriamoci se hanno lasciato una finestra aperta, oltretutto non ci sarebbe nemmeno un punto accessibile, dagli appartamenti vicini. (Riguarda nella borsa) Niente. Come cavolo faccio a entrare? (Si siede in terra) Una settimana a Milano, ed è partita ieri! (Ci pensa su) Ieri o l’altro ieri? Comunque... e io fuori casa come uno scemo! come un estraneo! Perché mi devono capitare queste cose? Io che sono sempre attento, ordinato in tutto, proprio oggi che lei non c’è mi ritrovo fuori di casa! (Pausa) Proprio come dalla sua vita, del resto. Ormai da tempo. Già, lei non litiga più, non si arrabbia, cambia solamente umore e tace... e mi ignora, e va a Milano da sua sorella, o va a Bologna dalla sua amica, o a Villagrande per riflettere e meditare. (Ironico) Villagrande deve essere il luogo della riflessione, il paese dell’autocoscienza! (Pausa) Io non so... prima, invece, si litigava, si gridava, volavano perfino gli oggetti ma poi tornava il sorriso, tornavano i baci. Era una cosa normale, come per tutte le coppie. (Mette le mani in tasca per un ultimo accertamento) Non posso averla lasciata in ufficio, che senso avrebbe? (Pausa) Ci fosse stata mia figlia... ma anche lei, sono anni che ha chiuso entrambi fuori dalla sua vita, senza nemmeno mai litigare. Lei è passata direttamente alla fase di rifiuto, di chiusura completa. “A chi vuoi più bene, al babbo o alla mamma?” (Fa un mesto sorriso) Risponderebbe sicuramente con una delle sue smorfie di compatimento. E pensare che si è fatto tutto, per lei. È sempre stata sommersa di tutte le cose che ci ha chiesto. Già, bel risultato! (Guarda la porta d’ingresso) Credo che non la consideri più nemmeno casa sua: la usa come un deposito per i suoi oggetti meno utili, dei quali noi facciamo parte. Ho solo due immagini di mia figlia: la prima da bambina, una bambolina deliziosa, sempre sorridente, la seconda di adesso, con le valigie in mano pronta a ripartire per l’università o per chissà dove dopo aver ritirato qualche libro o qualche altra cosa lasciata qui involontariamente e necessaria alla sua vita, fuori. (Riguarda verso la porta chiusa) Come devo fare? siamo solo noi tre ad avere la chiave... Non potrò mica prendere e andare da una di loro due? “Scusa, sono rimasto fuori come un imbecille, dammi la tua chiave”. La chiave... è tutto lì. Bastasse una chiave per tornare alla normalità! (Pausa. L’uomo si alza, va verso la porta e vi batte sopra con i pugni chiusi) C’è nessuno?? Apritemi per favore!! (Torna a sedere in terra) Ma la colpa di questo è anche mia; forse anch’io ho usato per molto tempo questa casa come... come un punto d’appoggio. Il lavoro, il mondo del lavoro è diventato presto il “mio” mondo. È stato necessario ma è difficile, a volte impossibile accantonare un mondo quando sei nell’altro, e quello del lavoro è stato sempre più incombente, con i suoi rapporti professionali e umani, non conciliabili con quelli familiari. Già... soprattutto quando ho conosciuto Giulia, che mi ha aperto la sua casa e i due mondi si sono allontanati ancora di più. (Pausa) Riconosco di aver avuto allora un comportamento più assente, apatico nei confronti di mia moglie, e viceversa. E mia figlia se n’è accorta, già, se n’è accorta prima di tutti perché immagino che la sofferenza di un figlio, di fronte a certe cose, sia molto più forte. Hanno le antenne, loro. Imbecille che sono! Allora sarei io quello che dovrebbe chiedere di entrare? dovrei invece essere “io” ad aprire la “mia” porta! (Pausa) Che situazione di merda! ma è chiaro che non ci riesco, non ci riuscirò mai! Sarebbe come cercare di rimettere insieme i cocci di un vaso rotto: rimarrebbero sempre le incrinature ben visibili a tutti. È facile attribuire le colpe all’uno o all’altro, o a terzi: tutte brave persone e tutte colpevoli. (Si alza in piedi) Insomma, come devo fare? (Fa un sorriso ironico) Chiedere aiuto ai vicini? chiamare i vigili del fuoco? abbattere la porta? (Pausa) Forse me l’hanno rubata, in questo caso si dovrà cambiare la serratura! Aspetta! aspetta un po’...! La chiave di riserva! porca miseria! quella sotto lo zerbino! (Si precipita ad alzare lo zerbino ai piedi della porta e la trova.) Eccola! (Ride fra sé) E dire che sono sempre stato contrario a lasciare una chiave di casa qui sotto! “Non si sa mai” mi hanno sempre detto. (Guarda la chiave che tiene in mano) Tutte brave persone e tutte colpevoli, io per primo: col mio egoismo, la mia indolenza e la mia... vigliaccheria, che mi ha sempre portato a non affrontare le situazioni, e questa è una delle tante, la più difficile. (Torna allo zerbino sotto il quale ripone la chiave, poi guarda la porta chiusa, si gira e se ne va) Bravo imbecille.

 

Fine


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